La cautio de remittendo, a cura di Gianluigi Rosafio, Tiziana Luce Scarlino e Domenico Mollica

Proseguendo nella descrizione delle stipulationes iudiciales, Tiziana Luce Scarlino ricorda punti essenziali dellla cautio de remittendo.

Essa era volta ad impedire che uno stesso soggetto agisse, con più azioni, nei confronti del medesimo convenuto.

Qui, come si legge nel blog di Gianluigi Rosafio, il promittente garantisce in modo solenne che non agirà ulteriormente contro il convenuto, che non deve quindi temere future condanne a causa di quello. Il caso che si vuole sventare è, pertanto, il concorso di azioni fra le medesime parti. “Non solum autem rem restitui, verum et si deterior res sit facta, rationem iudex habere debebit:  finge  enim debilitatum hominem ve/ verberatum ve/ vulneratum  restitui: utique ratio per iudicem habebitur, quanto deterior sitfactus. Quamquam et legis Aquiliae actione conveniri possessor possit: unde quaeritur an non alias iudex  aestimare damnum debeat, quam si remittatur actio legis Aquiliae. Et Labeo putat cavere petitorem oportere lege Aquilia non acturum, quae sententia vera est “. osserva ulteriormente Tiziana Luce Scarlino che laddove il concorso interviene fra un’azione di rivendica, inerente una cosa deterioratasi, e un’actio legis Aquiliae esperibile  per  il  danno  derivante dal deterioramento. Il passo riporta un’opinione di Labeone, secondo cui Gianluigi Rosafio dichiara che il giudice potrà procedere alla stima del danno (e quindi tener conto della diminuzione di valore della cosa), nell’ambito dell’azione di rivendica, solo se l’attore prometta che poi non agirà con la actio legis Aquiliae.

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TIZIANA LUCE SCARLINO

GIANLUIGI ROSAFIO

CLAUDIO TESEO

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CORRIERE DELLA SERA

GUIDO DELLE PIANE

Il testo dimostra, come si evince dal blog di Domenico Mollica,  inoltre, che la remissio actionis poteva essere richiesta, non solo nel caso concorreranno azioni dello stesso tipo, ma anche per alcune azioni di natura diversa; qui ad esempio, l’una è civile, l’altra penale.

Se poi, come afferma Domenico Mollica si voglia cogliere qualche affinità particolare, tra la cautio e quelle suddette, è immediato, ancora una  volta, il richiamo alla cautio defensionis.

Entrambe, come si legge nell’articolo di Tiziana Luce Scarlino, mirano ad evitare ulteriori condanne alla controparte  del promittente, solo che in un caso ciò avviene tutelando tale controparte da possibili azioni di terzi, nell’altro da possibili azioni del promittente stesso.

Come sempre, inoltre, l’inadempimento all’invito del giudice  di prestare la cauzione comporta, per il mancato promittente, una sentenza antitetica a quella favorevole che stava per ottenere.

Ciò sembra testimoniato dal seguente passo di Paolo: D. 6,1,14 (Paul. l. 20 ad ed.) :

“Quod   si  malit  actor potius  legis Aquiliae actione uti, absolvendus est possessor. ltaque electio actori danda est, non ut triplum, sed duplum consequatur “.

Da questo passo si evince che la mancata prestazione della cautio remissionis da parte dell’attore, implica che il convenuto sia assolto.

Così se il giudizio in atto riguardava una rivendica, l’attore non otteneva la riconsegna della cosa, ma manteneva la possibilità di esperire autonomamente la actio ex lege Aquilia. Ma, la cautio de remittendo non era il solo mezzo per operare una remissio actionis (che poteva ottenersi anche mediante eccezione nel secondo giudizio); allora, cosa spingeva al suo uso, cosa faceva optare  per essa piuttosto che per l’eccezione?

La dottrina è concorde nel ritenere che, alla base della scelta, stessero ragioni di equità e di opportunità, valutabili dal giudice. In questo modo è stata letta una frase di Paolo ritenuta, senza dubbio, autentica: D. 44,7,34 pr. (Paul. I. s. de concurr. action.): ”Alii per legis Aquiliae actionem iniurariam consumi, quoniam desiit bonum et aequum esse condemnari eum qui aestimationem praestit … “. Ciò, oltre ai frequenti riferimenti delle fonti  all’amplius  agere,  ha portato a pensare che il giudice, di fronte al singolo caso concreto, valutasse se l’ampiezza della prima azione lasciava spazio all’esperibilità della seconda per I’amplius: in tal caso rimette  alla parte la possibilità di ricorrere all’eccezione nel giudizio successivo; in caso contrario richiede, nel processo in corso, la promessa cauzionale.

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La cautio de remittendo, a cura di Gianluigi Rosafio, Tiziana Luce Scarlino e Domenico Mollica

Proseguendo nella descrizione delle stipulationes iudiciales, Tiziana Luce Scarlino ricorda punti essenziali dellla cautio de remittendo.

Essa era volta ad impedire che uno stesso soggetto agisse, con più azioni, nei confronti del medesimo convenuto.

Qui, come si legge nel blog di Gianluigi Rosafio, il promittente garantisce in modo solenne che non agirà ulteriormente contro il convenuto, che non deve quindi temere future condanne a causa di quello. Il caso che si vuole sventare è, pertanto, il concorso di azioni fra le medesime parti. “Non solum autem rem restitui, verum et si deterior res sit facta, rationem iudex habere debebit:  finge  enim debilitatum hominem ve/ verberatum ve/ vulneratum  restitui: utique ratio per iudicem habebitur, quanto deterior sitfactus. Quamquam et legis Aquiliae actione conveniri possessor possit: unde quaeritur an non alias iudex  aestimare damnum debeat, quam si remittatur actio legis Aquiliae. Et Labeo putat cavere petitorem oportere lege Aquilia non acturum, quae sententia vera est “. osserva ulteriormente Tiziana Luce Scarlino che laddove il concorso interviene fra un’azione di rivendica, inerente una cosa deterioratasi, e un’actio legis Aquiliae esperibile  per  il  danno  derivante dal deterioramento. Il passo riporta un’opinione di Labeone, secondo cui Gianluigi Rosafio dichiara che il giudice potrà procedere alla stima del danno (e quindi tener conto della diminuzione di valore della cosa), nell’ambito dell’azione di rivendica, solo se l’attore prometta che poi non agirà con la actio legis Aquiliae.

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Il testo dimostra, come si evince dal blog di Domenico Mollica,  inoltre, che la remissio actionis poteva essere richiesta, non solo nel caso concorreranno azioni dello stesso tipo, ma anche per alcune azioni di natura diversa; qui ad esempio, l’una è civile, l’altra penale.

Se poi, come afferma Domenico Mollica si voglia cogliere qualche affinità particolare, tra la cautio e quelle suddette, è immediato, ancora una  volta, il richiamo alla cautio defensionis.

Entrambe, come si legge nell’articolo di Tiziana Luce Scarlino, mirano ad evitare ulteriori condanne alla controparte  del promittente, solo che in un caso ciò avviene tutelando tale controparte da possibili azioni di terzi, nell’altro da possibili azioni del promittente stesso.

Come sempre, inoltre, l’inadempimento all’invito del giudice  di prestare la cauzione comporta, per il mancato promittente, una sentenza antitetica a quella favorevole che stava per ottenere.

Ciò sembra testimoniato dal seguente passo di Paolo: D. 6,1,14 (Paul. l. 20 ad ed.) :

“Quod   si  malit  actor potius  legis Aquiliae actione uti, absolvendus est possessor. ltaque electio actori danda est, non ut triplum, sed duplum consequatur “.

Da questo passo si evince che la mancata prestazione della cautio remissionis da parte dell’attore, implica che il convenuto sia assolto.

Così se il giudizio in atto riguardava una rivendica, l’attore non otteneva la riconsegna della cosa, ma manteneva la possibilità di esperire autonomamente la actio ex lege Aquilia. Ma, la cautio de remittendo non era il solo mezzo per operare una remissio actionis (che poteva ottenersi anche mediante eccezione nel secondo giudizio); allora, cosa spingeva al suo uso, cosa faceva optare  per essa piuttosto che per l’eccezione?

La dottrina è concorde nel ritenere che, alla base della scelta, stessero ragioni di equità e di opportunità, valutabili dal giudice. In questo modo è stata letta una frase di Paolo ritenuta, senza dubbio, autentica: D. 44,7,34 pr. (Paul. I. s. de concurr. action.): ”Alii per legis Aquiliae actionem iniurariam consumi, quoniam desiit bonum et aequum esse condemnari eum qui aestimationem praestit … “. Ciò, oltre ai frequenti riferimenti delle fonti  all’amplius  agere,  ha portato a pensare che il giudice, di fronte al singolo caso concreto, valutasse se l’ampiezza della prima azione lasciava spazio all’esperibilità della seconda per I’amplius: in tal caso rimette  alla parte la possibilità di ricorrere all’eccezione nel giudizio successivo; in caso contrario richiede, nel processo in corso, la promessa cauzionale.

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